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Per informazioni e notizie continuamente aggiornate sulla situazione del paese, si può visitare la sezione dedicata al Kosovo del sito dell' Osservatorio dei Balcani

Il 17 febbraio 2008 la questione dello status del Kosovo ha visto la svolta della dichiarazione d'indipendenza da parte del parlamento di Pristina. Tuttavia la Serbia ha negato qualsiasi forma di riconoscimento, così come potenze decisive all’interno delle Nazioni Unite (Russia e Cina), nonchè alcuni importanti paesi dell’Unione Europea (la Spagna in primo luogo). La questione dello status, d’altra parte, non deve far dimenticare i mali profondi del Kosovo i quali, dopo quasi tredici anni di protettorato e cooperazione internazionali, restano lontani da una soluzione: odi etnici non sopiti, una tutela delle minoranze ancora insufficiente, la carenza delle strutture sanitarie e scolastiche, infrastrutture obsolete, una disoccupazione che interessa oltre metà della popolazione attiva, un’economia pesantemente inquinata dalla malavita, un altissimo tasso di corruzione.

Il Kosovo di oggi è, comunque, un paese diverso da quello trovato nel giugno del 1999. Della guerra e delle sofferenze dei campi profughi sopravvive un ricordo sempre più sfumato e lontano. Quasi tutte le case incendiate e distrutte sono state ricostruite, molte strade sono state migliorate, si sono moltiplicati i ristoranti e le stazioni di servizio, sono nati centri commerciali; tutto però in assenza di una seria attività di programmazione e all’insegna del più caotico e sfrenato “liberismo”. Rapporti dell’UNMIK (United Nations Interim Administration Mission in Kosovo), parlano di un 45% della popolazione (la più giovane d’Europa: il 30% ha meno di 15 anni) che vive in condizioni di povertà, il 15% della quale estremamente povera. Il reddito medio annuo di una famiglia è poco sopra i 2.000 euro. Nelle zone montuose e rurali si è in presenza di un’economia di pura sopravvivenza; le rimesse dall’estero costituiscono la principale fonte di entrata per molte famiglie, consentendo un accesso minimo ai servizi essenziali, quali la scuola e la sanità.

l programma di rientro della minoranza serba procede, se pur a rilento; dalle ultime consultazioni elettorali sono venuti timidi ma incoraggianti segnali sulla ripresa di una partecipazione alla vita politica e amministrativa del Kosovo da parte dell’etnia serba. Il tenore di vita di queste parte della popolazione, quasi sempre concentrata in “enclave”, è spesso addirittura inferiore a quello medio del Kosovo, già di per sé molto basso. Tensioni ancora forti restano nella parte nord, in particolare nella zona di Mitrovica, dove serbi ed albanesi vivono separati dal fiume Ibar.

In base alla risoluzione 1244 del Consiglio di Sicurezza dell’ONU (10/06/1999), in Kosovo sono ancora presenti circa 5mila uomini della forza militare internazionale (KFOR-Kosovo Force), che nel periodo di massima partecipazione, all’inizio della missione, raggiunse 50.000 uomini. I militari italiani attualmente sono circa 500. Dal 2008 è operante in Kosovo - non senza difficoltà - anche la missione europea EULEX (European Union Rule of Law Mission in Kosovo), con la quale l'Unione Europea intende aiutare le autorità del Kosovo a costruire uno Stato di diritto. Particolare attenzione viene posta alle questioni legate all'indipendenza della magistratura, alla multietnicità della polizia e del sistema delle dogane e al contrasto alla criminalità.