L'estate in Kosovo dei giovani dell'Umbria
Data di pubblicazione : 23/08/2016
Un ponte di solidarietà tra il cuore verde d’Italia e una delle regioni più povere e meno conosciute dei Balcani. Un piccolo miracolo d’amore che da 15 anni vede i giovani dell’Umbria al fianco della popolazione del Kosovo, messa in ginocchio dalla terribile guerra del 1999. Qui, grazie all’impegno instancabile di una coppia di italiani, Massimo e Cristina, opera la casa famiglia per bambini orfani e abbandonati di Raduloc, sotto l’insegna della Caritas Umbria.
E così anche quest’anno sono stati tanti i ragazzi che hanno scelto la strada di una vacanza “diversa”, dedicata a stare vicino ai più poveri. Ma anche a riscoprire se stessi e un rapporto più autentico con la realtà che ci circonda. E c’è anche chi decide di non passare semplicemente qui le proprie vacanze o le proprie ferie, ma di fermarsi per un periodo più lungo. Come Clelia, una studentessa di Perugia che ha scelto di restare addirittura per un anno.
Sono centinaia i giovani che sono passati in questo luogo di carità dove, come amano ripetere Massimo e Cristina, «il segreto è lasciare sempre una porta aperta». Non solo dall’Umbria, ma anche da altre regioni di Italia. Ad esempio, solo nelle ultime settimane sono arrivati un gruppo da Perugia, 22 ragazzi dell’associazione “Altotevere senza frontiere” da Città di Castello, dal Casentino (Arezzo), da Milano e da Bergamo, mentre è appena partita una spedizione da Gubbio.
Stare con i bambini, portare viveri e generi di prima necessità alle famiglie povere della zona (sono oltre 200 quelle che vengono assistite), aiutare nella costruzione della nuova casa di accoglienza: sono alcuni dei lavori portati avanti dai volontari che trascorrono un periodo a Raduloc, mettendosi a disposizione delle necessità della struttura.
La presenza della Caritas Umbria in Kosovo. Tutto nasce nel 1999, da un gruppo di ragazzi che in quel momento si trovavano a Nocera Umbra in aiuto alla popolazione colpita dal terremoto. La prima missione è nei campi profughi in Macedonia, dove la popolazione kosovara di etnia albanese si era rifugiata per fuggire alla pulizia etnica della Serbia di Milosevic. Dopo l’intervento militare della Nato, i profughi fanno ritorno nella loro terra, trovando case e campi devastati. I giovani umbri decidono allora di rimanere, per aiutarli nella ricostruzione. Poi un episodio cambia le prospettive: durante una visita in un villaggio, trovano un bambino abbandonato che dorme nella cuccia di un cane. La scelta di prenderlo con loro, trasforma la presenza in Kosovo da temporanea a definitiva: da allora sono stati tanti i bambini, orfani o abbandonati, accolti da Massimo a Cristina, che nel frattempo si sono sposati e hanno quattro figli. Oggi i bambini e ragazzi sono circa 25.
Nuovi progetti in vista. Da alcuni anni, il desiderio di dare una prospettiva ai ragazzi ormai diventati grandi, in una società difficile e piena di contrasti come quella del Kosovo, ha fatto sorgere un nuovo e grande progetto. Si tratta della casa di Leskoc, a pochi chilometri da quella attuale, dove saranno realizzati dei laboratori di avviamento al lavoro nei settori della falegnameria, cucina, agricoltura e allevamento. Un progetto di ampio respiro che ha visto il sostegno di tante realtà, dalle case di accoglienza della Caritas Umbria nella nostra regione ad associazioni come Altotevere senza frontiere, e importanti finanziamenti come quello della Provincia di Trento. L’inaugurazione della struttura è prevista a ottobre alla presenza del cardinale Gualtiero Bassetti, e dovrebbe diventare pienamente operativa nel corso del 2015.
Fonte: il Giornale dell'Umbria